2015 – ll cibo, Carletta , Natalina

l cibo del futuro (Carletta) – 18/3/15

Gli agronomi si domandano: avremo, nel tempo, risorse alimentari sufficienti a sfamare
tutta I’umanità (si calcola che nel 2050 la popolazione mondiale raggiungerà i 9 miliardi)?.
Gli addetti al problema studiano, quindi, quali saranno le colture più resistenti, ad esempio
che non abbiano troppo bisogno di acqua, perché I’acqua diventerà – sempre secondo gli
esperti – il grande problema degli anni a venire. I progetti sono tanti, ad esempio

  1. trasformare I’acqua salata del Golfo Persico per alimentare serre costruite neldeserto e funzionanti mediante utilizzo dell’energia solare;
  1. sfruttare I’ultima scoperta nel campo dell’ energia elettrica (la tecnologia LED) per la
    coltivazione di piante indoor (in interni);
  1. addirittura si parla di coltivazioni sulla luna portando contenitori dotati, all’interno, di
    sensori che fanno germogliare semini tramite regolazione di temperatura e apporto
    idrico;
  1. degli OGM si parla da molto e in modo controverso e io non ne accenno perché ve
    ne ha già parlato Donatella;
  1. si prevede anche di rendere commestibili vermi, insetti vari, alghe, eccetera, che in
    altri Paesi sono già stati sperimentati;
  1. per il riso, il frumento, il mais, la soia, che sono tra i più importanti alimenti in tutto il
    mondo, ci sono studi per ottenere delle colture non solo annuali, ma pluriennali;
  1. in Israele già da anni adottano un sistema di coltivazione in verticale mediante
    grossi bidoni che contengono terra e semini (per le patate funzionano benissimo e
    il raccolto è notevole);
  1. esistono anche studi per selezionare le piante più resistenti ai parassiti, alle malattie
    e alle intemperie. A questi studi lavorano molti biotecnologi che nei laboratori
    selezionano i prodotti migliori, con I’aiuto del test del DNA.

Si spera che tutti questi progetti funzionino, perché per adesso, ci sono ancora popolazioni
che muoiono di fame (gli studiosi dicono che sono circa 13 milioni) e ci sono ancora 1,3
miliardi di tonnellate di cibo sprecato all’anno. Purtroppo si sa che la maggior parte
della produzione e commercializzazione degli alimenti è in mano a grandi multinazionali le
cui decisioni sono condizionate dai loro interessi (ve ne hanno parlato Sonia e Liuba).

Non mi dilungo per non ripetere cose già dette da altre, ma c’è un dato che mi ha colpito: i
cereali che, come già detto, sono uno tra i più importanti alimenti per I’umanità, vengono
coltivati in gran parte per darli agli animali, perché c’è molta più convenienza. Oltretutto
non si fa sufficiente informazione sul fatto che la verdura è più salutare della carne.

A maggio ci sarà EXPO e si spera che la partecipazione di molti paesi con le loro
esperienze e informazioni possa aiutare a risolvere il problema del cibo. Anche perché le
cose che non funzionano sono ancora tante: la desertificazione della terra, il terreno
troppo adoperato per l’edilizia, la distribuzione iniqua del cibo (c’è chi mangia troppo e chi
non mangia), la somministrazione di farmaci per ingrassare gli animali addirittura con
antibiotici e cortisonici che poi noi assorbiamo.

lnoltre se, come si dice, aumenterà la temperatura sulla terra, salterà I’equilibrio naturale
tra parassiti e terreno: le temperature basse permettono infattidi sterminare le larve
nocive. Anche il riscaldamento delle acque dei mari può nuocere alle specie ittiche.

Quindi c’è un bisogno urgente del rispetto delle risorse dell’ambiente perché è la
condizione principale per la continuità stessa della vita.

Discussione sul cibo Commercializzazione dei prodotti agricoli (Natalina) – 11/3/15

Quando Rossana ci propose una discussione sul cibo, il mio primo pensiero andò a quelle popolazioni che ancora oggi, pur vivendo in territori immensi e fertili, soffrono di malnutrizioni.

Sono ormai diversi anni che si discute sulla qualità del cibo, la sua provenienza, la sua tracciabilità.
Uno dei grandi fautori è stato ed è Carlo Petrini, ci ha fatto riscoprire il valore del lavoro in agricoltura e dei suoi prodotti.
Nessuno nega la convenienza del supermercato, però noi consumatori oggi vogliamo conoscere il percorso che fanno le merci che compriamo, tutto quello che acquistiamo sfugge al nostro controllo, sembriamo marionette nelle mani di qualcun altro che desidera solo i nostri soldi creando reti commerciali complesse che allontanano sempre di più il produttore dal consumatore.
Sempre più si parla di filiera corta o KM ZERO, in economia è un tipo di commercio nel quale i prodotti vengono venduti nella stessa zona di produzione ci stiamo convincendo che consumare prodotti locali, oltre ad un risparmio economico, risulta vantaggioso, in quanto accorciare le distanze significa aiutare l’ambiente, oltre a garantire un prodotto fresco, sano e stagionale, interrompendo così quella catena che è nata con la grande distribuzione che lavora con grandi quantità a scapito della qualità e freschezza.

Quando si gira in questi enormi supermercati, i prodotti disponibili sono una enorme quantità, la scelta è illimitata, pensare che fino a poco tempo fa la spesa la si faceva dal fruttivendolo, dal macellaio e al piccolo negozio alimentare sotto casa, dove le quantità erano sempre proporzionate per soddisfare la propria clientela ed evitare così gli sprechi. Oggi purtroppo si trova sul mercato, in qualsiasi stagione, prodotti provenienti da altri Paesi e da altri Continenti. Da un indagine della Coldiretti negli ultimi anni abbiamo importato frutta e verdura per un valore di due miliardi di euro.

La vendita a KM ZERO può avvenire in diversi sistemi, ultimamente si è diffusa quella tramite i distributori automatizzati, situati in luoghi pubblici, vale soprattutto per il latte, oltre agli spazi che vengono concessi agli agricoltori che si trovano all’interno dei mercati comunali o rionali. Sistema che esisteva, ed era anche molto diffuso, negli anni 50/60.

Fare acquisti nei mercati locali oltre a far bene all’ambiente e al portafoglio, secondo una recente indagine sempre della Coldiretti, il risparmio legato all’acquisto a Km zero, può essere quantificato in circa cento euro al mese su una spesa media di 487 euro considerando anche l’abbassamento dell’emissione CO2 pari ad una tonnellata.

In Italia la cultura del KM ZERO è arrivata da poco, ma ha trovato subito un’ottima accoglienza. La prima Regione italiana che si è dotata di una legge nel 2008, è stata la Regione Veneta, atta a riconoscere le attività di distribuzione e ristorazione, ad oggi sono tra il 30% e 50% quelli che si approvvigionano di prodotti di origine veneta. Va tenuto presente che la recentissima approvazione del DdL “Norme per la valorizzazione dei prodotti agricoli provenienti da filiera corta e di qualità” approvato da Consiglio dei Ministri 1° marzo 2010, questo provvedimento per la prima volta definisce i mercati agricoli di vendita diretta, promuovendone così la domanda e l’offerta dei prodotti a KM ZERO, inquadrandone il settore dal punto di vista legislativo.

Un’altra grossa novità nella commercializzazione dei prodotti agricoli è quella dei GAS (Gruppo acquisto solidale).

Alcune notizie su questo nuovo sistema d’acquisto. Il primo gruppo nasce nel 1994 a Fidenza,Reggio Emilia e in seguito in diverse altre località. Nello stesso tempo si diffonde in Italia l’operazione “Bilanci di Giustizia” lanciata a fine ’93, che chiede alle famiglie di verificare sul bilancio familiare l’incidenza delle loro modifiche allo stile di vita. Dove possibile le famiglie si ritrovano in gruppo e si organizzano per praticare comportamenti equi nella loro zona.

Nel 1996 viene pubblicato dal Centro Nuovo Modello di Sviluppo la “Guida al consumo critico” con informazioni sul comportamento delle imprese più grandi onde guidare la scelta del consumatore; l’ampio elenco di informazioni documentate sulle multinazionali creando un senso di disagio verso il sistema economico e la ricerca di alternative.

Nel 1997 nasce la rete dei gruppi d’acquisto, allo scopo di collegare tra loro i diversi gruppi scambiare informazioni sui prodotti e sui produttori e diffondere l’idea dei gruppi d’acquisto. Questa esperienza sta acquistando sempre più visibilità.

Ogni GAS è una struttura autonoma, formato da circa 30/40 nuclei famigliari in modo di avere una quantità di ordini significativi ma anche una gestione non troppo dispendiosa. Esistono momenti di condivisione con altri GAS, anche se tentativi di un livello di coordinamento più alto è sempre difficile.
Vi racconto un’esperienza di alcuni amici di Milano:

ogni socio si occupa di un singolo prodotto (pasta,olio,verdura ecc.) cerca i produttori, generalmente biologici e a KM ZERO, tiene i rapporti con il produttore e gestisce gli ordini. C’èun calendario di massima degli ordini, ad esempio la pasta 4 volte l’anno, idem la carne ecc. Hanno rapporti diretti con i produttori, questi devono fatturare (e quindi pagare le tasse) avere un rapporto regolare con i dipendenti. Non trattano con i mediatori, che stanno nascendo come funghi!!!

Il responsabile lancia l’ordine via mail a tutti i soci, ricevuti gli ordinativi concorda con il fornitore la data della consegna (i ns fornitori lavorano per diversi gas della zona, per cui consegnano direttamente o tramite corriere, per es. le arance che arrivano dalla Sicilia) distribuisce la merce ai soci preavvertiti da una mail, di solito al mercoledì sera. Si raccomanda di non mancare alla consegna soprattutto per la merce deperibile. Il responsabile dell’ordine tiene la contabilità, hanno un c/c alcuni pagano con bonifico altri in contanti.

Ormai c’è un giro di produttori che lavora quasi solamente con i GAS.

Un esempio di rapporto solidale con i fornitori è quello di Tommasoni, un produttore di formaggio che lavorava con molti GAS in Italia e che era in difficoltà economica, senza credito dalle banche, gli abbiamo fatto un prestito (10 euro a socio) permettendogli di superare il momento, che poi ha reso in merce, la cosa è finita in articoli su Sole 24 Ore.

Il gruppo dei miei amici non hanno ancora costituito un ass.ne, ma alcuni GAS lo sono, ed è una discussione aperta perché in alcune situazioni sarebbe comodo, per esempio nei rapporti con le istituzioni.

Si stanno muovendo contro l’EXPO del business e delle multinazionali per cercare di riportare l’EXPO al tema originale di nutrire il mondo!!!!!!!!!!

Torino, 11 marzo 2015