2016 – Esempi di democrazia a sorteggio – Anna B.

da “CONTRO LE ELEZIONI” DI DAVID VAN REYBROUCK
(cap. 4)

Il ritorno in auge del sorteggio: la democrazia deliberativa

“Tutto ciò che fai per me senza di me, lo fai contro di me”. Proverbio attribuito a Gandhi, ma africano.

Nell’agosto 1988 sulla rivista americana “The Atlantic Montly” qualche mese prima delle presidenziali e una serie di primarie che terminarono con l’elezione di G.Bush, é apparso un curioso articolo di un certo James Fishkin, che faceva notare lo strapotere dei media nella delicata fase delle prime eliminatorie tenute sempre nello Jowa e New Hampshire. I media davano molto spazio ai candidati con buoni risultati, e praticamente oscuravano gli altri, subito abbandonati dai loro sponsor, influenzando pesantemente se non decidendo a priori, il risultato finale.

E’ normale questo, si domanda J.Fishkin, e in che misura si può ancora parlare di processo democratico?

Nel dibattito appassionato di quegli anni, molti lanciavano moniti contro i limiti del sistema attuale, tra gli altri Habermas e Rawuls due grandi filosofi e politologi propugnavano una maggiore partecipazione dei cittadini,.

Certo F. conosceva sia il lavoro della politologa Jane Mansbridge (Beyond Adversarj Democracy), in cui parlava delle due tradizioni democratiche americane, l’una antagonista, in cui i partiti si oppongono, ADVERSARY, l’altra in cui i cittadini si consultano UNITARY, che quello del politologo Benjamin Barber, che nell’ 84 fa una distinzione tra democrazie forti e deboli, (la democrazia debole è caratterizzata dallo stato di conflittualità e crisi di rappresentatività).

Fishkin nell’articolo proponeva di riunire per due settimane tutti i candidati alle elezioni presidenziali con 1500 cittadini che avrebbero ascoltato e poi discusso i loro progetti. Così si riprendevano due aspetti della democrazia ateniese:
i partecipanti sarebbero stati sorteggiati con un campione arbitrario da ogni parte del paese, e indennizzati, quindi ogni cittadino aveva la stessa chance di essere scelto e il sondaggio deliberativo che ne derivava valutava ciò che il pubblico pensa quando ha la possibilità di riflettere e documentarsi.

Era nata LA DEMOCRAZIA DELIBERATIVA, in cui i cittadini non solo votano per i politici, ma parlano tra loro, sono informati da esperti e infine formulano soluzioni razionali e ponderate.
Nota. Per evitare che qualche partecipante eloquente comprometta il processo collettivo la maggior parte del lavoro si fa in sottogruppi più piccoli con dei moderatori professionisti e una scaletta predefinita.

Naturalmente F. incontrò numerosi ostacoli quando volle mettere in pratica l’idea alle elezioni (Clinton e Dole): opinionisti, giornalisti dissentirono fortemente dalla proposta: cittadini che si mettevano a deliberare insieme? Impossibile, non auspicabile e in ogni caso pericoloso.
METODO
Da scienziato, F. fece compilare ai partecipanti dei questionari, prima, durante e dopo le discussioni per osservare l’evoluzione dei loro punti di vista, e fornì loro dossier e specialisti da consultare.
… Il processo dell’attività fu notevole, gli osservatori furono impressionati dal grande impegno, rispetto reciproco, e senso dell’umorismo della maggior parte dei partecipanti che permisero d’instaurare un’atmosfera collettiva tollerante delle opinioni divergenti…
e le conclusioni furono eccezionali… la differenza tra il prima e il dopo si rivelò davvero notevole, era scientificamente dimostrato che persone comuni potevano diventare CITTADINI COMPETENTI, dal momento in cui si davano loro mezzi per esserlo, rafforzando la democrazia con una vera VOCE PUBBLICA…

I lavori di Fishkin hanno segnato una vera svolta deliberativa nelle scienze politiche. Nessun ricercatore serio mette più in discussione il forte impulso che la democrazia deliberativa può apportare al corpo gravemente malato della democrazia rappresentativa elettiva.
Da allora Fishkin ha organizzato ovunque nel mondo decine di sondaggi deliberativi, i cui risultati sono spesso impressionanti.

ALCUNI ESEMPI

TEXAS – il paese produttore di petrolio, a più riprese ha sorteggiato cittadini per deliberare sull’energia pulita, la cui discussione ha portato da 52 all’84 per cento la percentuale di persone pronte a pagare di più per utilizzare l’energia eolica o solare! (da ultimo è divenuto lo stato americano col più altro numero di turbine eoliche)

IN GIAPPONE sulle pensioni
IN CINA sulla politica urbana
IN BRASILE sulla carriere dei funzionari
IN BULGARIA sulla discriminazione dei rom

La democrazia deliberativa ha funzionato anche

In IRLANDA, comunità profondamente divisa, F. ha fatto deliberare insieme genitori cattolici e protestanti sulla riforma dell’insegnamento, e ha constatato che persone che di solito parlavano le une delle altre, parlando tra di loro erano state capaci di elaborare insieme delle proposte molto concrete.
Riflettendo su questo risultato insperato, vediamo che la pratica della democrazia deliberativa può superare secolari odi e pregiudizi.

IMPORTANTE Anche in altri paesi si sono cercati nuovi modelli di partecipazione dei cittadini, e ogni volta la consultazione ha determinato una nuova normativa.

In GERMANIA si sperimentano dagli anni 70 “ le cellule di pianificazione”.
La DANIMARCA dal 1986 promuove il “Consiglio Tecnologico “ di cittadini che studiano le conseguenze sociali delle nuove tecnologie.
In FRANCIA dal 1995 c’è una Commissione nazionale coi cittadini per parlare di ambiente e infrastrutture.
In INGHILTERRA ci sono le “Giurie cittadine”.
Nelle FIANDRE dal 2000 c’è “L’Istituto società e tecnologia”, partecipato e informato di centinaia di progetti.

Ma sono soprattutto le città a rivelarsi un banco di prova fruttuoso:
New York, ha coinvolto per due giorni i suoi abitanti nelle discussioni in merito alla riassegnazione di Ground Zero.
A Mancester si è discusso sulla lotta contro la criminalità.
A Porto Alegre e in altre città i cittadini sono coinvolti direttamente nella politica del bilancio Comunale.

Anche l’Unione Europea ha intrapreso su larga scala dei progetti di democrazia deliberativa.
Qualunque fosse la consultazione (giurie cittadine, dibattiti e assemblee pubblici, cellule di pianificazione), gli organizzatori hanno sempre ritenuto utile ascoltare la voce del cittadino tra le due elezioni.

Per ogni progetto deliberativo è stato necessario decidere il campione di cittadini:
Per autoselezione i cittadini motivati si presentano, ma in questo modo si riuniscono Uomini bianchi, qualificati ed eloquenti, cioè “cittadini di professione”.
Col sorteggio invece c’è maggiore legittimità e diversità (e maggiori costi), quindi si può scegliere una forma intermedia, o prima il sorteggio e dopo l’autoselezione o viceversa.

Una cosa da NON fare: In Australia nel 2008 in un summit cittadino il primo ministro voleva che si candidassero i migliori e più intelligenti del paese, senza prevedere alcun indennizzo: Quante donne aborigene hanno potuto prenotare il treno per Camberra? Si sostituisce l’aristocrazia eletta con l’aristocrazia autoeletta!

Il rinnovamento democratico nella pratica (2004/2013)

Fra tutti i processi partecipativi degli ultimi 10 anni sono cinque i più audaci e di portata nazionale: Canada (due), Olanda, Islanda ,Irlanda.
Tutti con mandato temporaneo, budget dalle autorità pubbliche, su questioni centrali per la democrazia come la riforma della costituzione.

Nel 2004 La Columbia Britannica ha affidato a un campione arbitrario di 160 cittadini, la riforma elettorale. Era ancora “legittimo” il vecchio sistema inglese di maggioranza? I partecipanti si riunirono per circa un anno

…I partiti non riescono a trovare una soluzione perché invece di servire l’interesse comune, si chiedono in continuazione in quale misura il nuovo sistema rischi di danneggiarli…

Anche in Ontario, tra i cittadini scelti arbitrariamente, che accettarono, fu sorteggiato un campione rappresentativo (età e mestieri) di 103 (52 d. 51 u.), autoctoni e esteri, solo il Presidente era nominato.

In Olanda il partito D66 (liberal riformista, centro sin.) che si batte da anni per migliorare le regole democratiche, ha convinto i partner di coalizione a creare e finanziare un forum civico sul sistema elettorale, analogo a quello condotto in Canada.
Purtroppo,dopo le elezioni anticipate il D66 lasciò il governo e il progetto, che già non entusiasmava gli altri partiti, fu accantonato, silenziosamente.

Nei tre casi il reclutamento si svolgeva in tre tappe:

* un campione casuale di cittadini era sorteggiato dalle liste elettorali (posta)
*processo di autoselezione, (candidarsi) dopo riunione informativa
*dal gruppo sorteggio dei membri dell’equipe definitiva ( equilibrio tra sessi , età, mestieri..)
La concertazione durò tra i 9 e i 12 mesi. I partecipanti si informavano con documenti, specialisti, chiedevano opinioni ad altri cittadini e deliberavano tra loro. Alla fine formulavano la loro proposta per un’altra legge elettorale.
Colpisce dai resoconti la ricchezza argomentativa della discussione a favore di un’alternativa tecnicamente valida.
Ma colpisce ancor più che nessuno dei tre progetti è riuscito a esercitare un’ influenza reale sulla vita pubblica. Perché doveva essere confermata da un referendum e i cittadini a favore non raggiunsero il 60/100 richiesto.

QUALI LE CAUSE DEL FALLIMENTO?
* Il lavoro ponderato del gruppo non era conosciuto dai votanti del referendum, il cui voto era istintivo e disinformato.
*Il peso minore dei forum civici, istituzioni temporanee a confronto di quelle permanenti
*L’interesse da parte dei partiti politici a screditare o ignorare la proposta, che avrebbe pregiudicato il loro potere.
* L’ostilità dei media commerciali, quando non istericamente negativo
* I forum cittadini erano privi di portavoce e di budget per una campagna pubblicitaria.
*la struttura stessa del referendum impostata sul NO.

Viene da domandarsi
IL REFERENDUM E’ UNO STRUMENTO ADATTO PER PRENDERE DECISIONI SU QUESTIONI COMPLESSE ?

Confrontando il referendum con la democrazia deliberativa hanno in comune solo il fatto di votare, in modo istintivo e non informato nel primo e documentato e informato nel secondo.
Il fatto che le assemblee cittadine facciano un ottimo lavoro, quando questo processo complesso viene sotto i riflettori dello spazio pubblico non basta. Mentre la società civile spesso è favorevole alla partecipazione, i partiti e i media commerciali li deridono e avversano pesantemente. Quale la causa della ostilità e causticità? Forse perché la stampa e i partiti appartenendo al sistema elettivo, che funziona dall’alto al basso, sono disturbati da iniziative che vanno dal basso all’alto? Possibile.

Ma ci sono altre cause
Le ricerche condotte dall’olandese Peter Kanne dimostrano che 9 politici su 10 non si fidano della popolazione civile, quindi non stupisce che si mostrino scettici all’idea della sua partecipazione.
I media sanno che cittadini non famosi che discutono intorno a un tavolo, non offrono uno spettacolo paragonabile abbastanza spettacolare a paragone di quella parlamentare.

CORRETTIVI

In Islanda, visti i fallimenti precedenti, i cittadini messi al lavoro furono 25 (non 100 o 160), per di più eletti, e dovevano raccogliere 30 firme. Per evitare che il gruppo fosse poco legittimato, migliaia di cittadini hanno deliberato sui principi e i valori della nuova Costituzione, mentre 7 politici professionisti elaboravano raccomandazioni a premessa di un corposo documento (700 pagine).
Decisivo è che i 25 non hanno lavorato isolati, ogni settimana pubblicavano su sito internet le versioni provvisorie degli articoli, le reazioni circolavano su internet e così via, 5000 commenti circa hanno arricchito il processo e il referendum fu vinto con due terzi dei voti in meno di quattro mesi.
Quindi TRASPARENZA, EFFICACIA E DELIBERAZIONE
(La questione aggiunta se le ricchezze naturali dell’isola dovessero diventare proprietà dello stato, passò con l’83 per cento dei voti).

In Irlanda La Convenzione sulla Costituzione, apportò varianti, coinvolgendo di più i politici, ma continuando a sorteggiare i cittadini, con la volontà di farli collaborare tra loro: 66 cittadini e 33 politici provenienti dal sud e dal nord, per un anno.
* I politici persero la diffidenza verso i cittadini e viceversa, certo bisognò creare un modello di “pesi e contrappesi” per evitare il predominio di un gruppo sull’altro.

Quindi gli irlandesi hanno optato decisamente per il sorteggio:
Un gruppo indipendente di ricerca ha sorteggiato 66 persone, tenendo conto dell’età, sesso e origine, che ascoltavano specialisti, accoglievano contributi di altri cittadini e parlavano insieme di temi sensibili, come i diritti della donna, il divieto di blasfemia, il matrimonio omosessuale. Alla fine non erano ancora legge, ma furono esaminate dal governo e sottoposte a referendum.
Com’è finita? Lo sappiamo.

Anna Maria Borgna