La sigla TTIP è un acronimo per “Transatlantic Trade and Investment Partnership”, cioè “Trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti” progettato per facilitare il libero scambio di merci e servizi tra UE e Usa, delineato negli anni novanta tramite iniziali contatti tra il presidente americano Obama e il presidente della Commissione europea Barroso.
Bruxelles – e soprattutto Washington – vorrebbero concludere i negoziati entro il 2015, prima della fine del mandato del presidente Obama: per gli Stati Uniti in particolare stringere questo accordo sarebbe molto rilevante in quanto le economie dei paesi emergenti, la Cina prima fra tutte, stanno sottraendo agli USA mercati su cui questi hanno sempre dominato: Europa, America Latina, Asia-Pacifico .
Quindi, per gli USA, un mercato ricco come quello europeo è ora decisamente appetibile. Alcuni dati:
L’Unione europea è la più grande economia del mondo; i suoi cinquecento milioni di abitanti dispongono di un reddito medio annuo pro capite di circa 25.000 euro. Ciò significa che l’Ue è il più grande mercato del mondo e il più importante importatore di manufatti e servizi. ( Ignacio Ramonet , già direttore di Le Monde diplomatique, docente alla Sorbona).
Il TTIP sarà – o potrebbe essere – un trattato che riguarda più di 800 milioni di cittadini e che investe il 45 per cento del PIL mondiale.
Il 14 giugno 2013 l’allora primo ministro Enrico Letta insieme ai suoi colleghi capi di governo europei, ha dato il via libera dell’Italia alla Commissione Europea per aprire le trattative con gli Stati Uniti: fino ad ora si sono svolti sette cicli di negoziato, l’ultimo dei quali il 3 febbraio scorso. In aprile si terrà il 9° incontro, negli USA, mentre il 10° dovrebbe tenersi nuovamente a Bruxelles dopo la pausa estiva.
Visti i rallentamenti e le pause nella negoziazione, però, la commissaria europea al commercio, Cecilia Malmström, ha però escluso che il TTIP possa essere approvato entro il 2015. Se la previsione si confermerà, considerando che il 2016 sarà l’anno delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti, i tempi dell’eventuale attuazione potrebbero slittare parecchio, tanto più che l’accordo richiederà l’approvazione del Congresso statunitense, del Parlamento europeo e poi la ratifica dei parlamenti nazionali dei Paesi dell’Ue.
L’obiettivo dichiarato dell’accordo è quello di (citazione da un documento UE che contiene il mandato per i negoziatori) “aumentare gli scambi degli investimenti fra Unione Europea e Stati Uniti realizzando il potenziale inutilizzato di un mercato veramente transatlantico generando nuove opportunità economiche di creazione di posti di lavoro e di crescita.
Il trattato però ha destato non poco allarme soprattutto tra i cittadini europei, allarme che si è tradotte in 1,3 milioni (dato di gennaio) di firme in calce a una petizione promossa da organizzazioni non governative e associazioni dei consumatori per chiedere lo stop alle trattative.
Il primo elemento di criticità, individuato nel TTIP dai suoi oppositori, è stata la totale segretezza che sino a poco tempo fa ha caratterizzato le trattative e ha favorito il diffondersi di dubbi e timori sull’intenzione delle due parti di far prevalere gli interessi economici e commerciali su quelli di tutela della sicurezza e della salute dei cittadini, in particolare nel settore agroalimentare.
Solo dopo che sono state pubblicate alcune indiscrezioni da parte del settimanale tedesco Zeit, dell’Huffington post e di altri giornali, l’Unione Europea, il 9 ottobre del 2014, ha reso pubblico un documento, dichiarato identico alla copia del giugno 2013, che era emanata ancora in forma secretata, con cui si trasmettevano le direttive di negoziato.
Nella prima pagina del documento sono spiegati anche i motivi di tanta riservatezza:
NB: Il presente documento contiene informazioni classificate RESTREINT EU/EU RESTRICTED la cui divulgazione non autorizzata potrebbe arrecare danno agli interessi dell’Unione europea o di uno o più Stati membri. Ai destinatari è chiesto di trattare questo documento con la particolare cura richiesta dalla normativa in materia di sicurezza del Consiglio per i documenti classificati RESTREINT UE/EU RESTRICTED.
Per quale motivo? Si direbbe per non mostrare le proprie carte all’avversario prima di aprire il gioco.
Nel documento dell’Unione Europea vengono individuati quattro settori di scambio: merci , servizi , investimenti e appalti pubblici. Ovviamente tutti e quattro questi ambiti possono incidere sulla vita dei cittadini, ma soprattutto lo scambio di merci è quello che riguarda più da vicino il problema dell’alimentazione e della salute.
Le linee di intervento dell’accordo dovrebbero, secondo quanto dichiarato dalla commissione dell’UE, facilitare l’accesso al mercato anche per le piccole e medie industrie aprendo una zona di libero scambio, eliminare gli ostacoli tariffari e non tariffari tra i partners e incidere sulle questioni normative migliorandole.
Di fronte ad obiettivi di questo genere si sono delineate delle posizioni contrapposte piuttosto nette e, come spesso accade in questi casi, si è prodotta la solita guerra di cifre.
Studi economici forniti dal Center for Economic Policy Research di Londra e l’Aspen Institute (e negate da altre ricerche) rilevano che il TTIP produrrebbe un incremento del 28% degli scambi con un netto vantaggio per l’Europa soprattutto grazie all’eliminazione dei dazi e allo snellimento burocratico.
Per quanto riguarda l’Italia, secondo quello che sostiene il governo, il partenariato porterebbe a un aumento del PIL italiano tra lo 0,5% e addirittura il 4%, più esportazioni (si calcola il 28% in più) e creerebbe più posti di lavoro.
Il successo americano di Eataly, l’apprezzamento del mercato degli USA per vini ed altri prodotti di eccellenza italiani farebbero ben sperare in questa direzione, ma probabilmente non ci sarebbe analogo giovamento per la commercializzazione di prodotti di qualità inferiore e per la produzione agricola italiana, molto più debole di quella americana.
Anzi, gli oppositori dell’accordo temono che i vantaggi andranno piuttosto alle multinazionali, che sono molto più forti sul mercato. Per fare un esempio: un elemento di scontento e di protesta riguarda, tra gli altri, i produttori di generi di nicchia e i consorzi dei prodotti DOP e IGP italiani. Gli imprenditori americani vorrebbero mantenere ai loro prodotti il nome generico di certi formaggi e salumi che in Europa sono a denominazione di origine protetta (ad esempio quando parliamo di Asiago o gorgonzola ecc., in Italia intendiamo prodotti specifici di una zona geografica delimitata, gli Americani vorrebbero usare i nomi come nomi comuni di un tipo di formaggio). Per i Paesi europei i prodotti Dop e Igp sono parte della cultura del territorio, oltre al loro valore economico non secondario, mentre per gli Americani la nostra difesa di etichettatura è giudicata una misura protezionista e una barriera non tariffaria.
Una gran parte degli osservatori dunque non condivide un grande ottimismo sul TTIP e soprattutto vede un grave pericolo nella parte del trattato che si riferisce ai cosiddetti ostacoli non tariffari e alle questioni normative.
Vedendo più in dettaglio le voci del documento dell’UE infatti ci rendiamo conto che non si parla soltanto di abbattimento dei costi dovuti al protezionismo, ma all’eliminazione o alla modifica di norme che limitano la commercializzazione di certi prodotti.
Nel documento si dichiara ad esempio che il TTIP permetterà di adottare norme internazionali, finalizzate “alla riduzione delle sovrapposizioni di norme in materia di requisiti di prova e certificazione, alla promozione della fiducia nei rispettivi organismi di valutazione della conformità dell’altra Parte”.
Secondo il documento dell’Unione Europea, quindi, questi ostacoli non tariffari sarebbero in pratica costituiti da inutili sovrapposizioni, evidenti ad esempio nella commercializzazione di auto fra i due lati dell’Atlantico, infatti normative di sicurezza applicate sulla produzione di macchine negli Stati Uniti non troverebbero un corrispettivo in Europa che invece presenterebbe parametri equivalenti sul piano della sicurezza, ma diversi. Quindi, nella situazione attuale, i costruttori, per vendere sulla altra sponda dell’Atlantico, devono apportare modifiche che incidono sui costi e quindi sulle vendite.
Il punto più delicato però – e qui arriviamo al più pressante elemento di criticità – riguarda l’armonizzazione delle norme che regolamentano i prodotti dell’alimentazione perché le normative a salvaguardia della salute sono molto differenti tra USA e UE.
Infatti negli Stati Uniti sono consentite operazioni di produzione e conservazione degli alimenti che in Europa sono nettamente vietati.
Per fare qualche esempio pensiamo alla questione degli OGM, alla loro non tracciabilità, all’uso di certi pesticidi nell’agricoltura, alla disinfezione con il cloro di alimenti di origine animale per sanificarli ed aumentare il tempo della conservazione (polli) o alle diverse regole sull’etichettatura del cibo e sull’informazione ai consumatori.
Del resto anche la liberalizzazione dei servizi pubblici sarebbe orientata alla privatizzazione: pensiamo quindi a settori come quello dell’acqua che potrebbero anche esporre a rischi la salute, se dovessero prevalere le regole imposte dalla concorrenza su quelle della tutela degli utenti.
A tutto questo si deve aggiungere anche la scarsa difesa del consumatore in USA, dove non vale il principio di precauzione e un prodotto può essere immesso sul mercato senza una valutazione del rischio, come invece è nell’ Unione Europea. Quindi, purché un alimento venduto non generi effetti dannosi immediati ed evidenti, può restare in circolazione per anni, producendo, se nocivo, effetti negativi per la salute sul lungo termine.
Negli Stati Uniti infatti spetta ai consumatori l’onere della prova; al più possono poi unirsi in una class action ed eventualmente ottenere dall’autorità giudiziaria un indennizzo quando l’eventuale danno fosse ormai compiuto e provato. A questo punto si pensi anche alla difficoltà di ottenere un risarcimento quando l’azione legale venga promossa nei confronti delle potenti multinazionali dell’alimentazione.
Ulteriore elemento di preoccupazione è dovuto a due clausole che interessano particolarmente i negoziatori americani: la “protezione degli investimenti”, e la ISDS, “investor-to-state dispute settlement”. La prima consiste in una protezione dagli espropri “diretti e indiretti”, la seconda consentirebbe ad un’impresa di rivolgersi ad un arbitrato internazionale per ottenere un indennizzo, se si sentisse danneggiata dalle scelte politiche di uno Stato. Vale a dire che se uno stato vorrà fare una legge, magari sulla salute o sull’ambiente, che limitasse il campo d’azione di un’impresa e quindi i suoi guadagni, questa potrebbe pretendere un risarcimento. Di fatto questo metterebbe addirittura in discussione la sovranità di uno stato che non dovrebbe più emanare leggi in contrasto con gli interessi di una singola azienda.
E’ pur vero che la salvaguardia delle situazioni ambientali, oltre alla trasparenza, è uno dei punti su cui il documento UE insiste più volte.
“Entrambe le Parti assumeranno impegni per quanto riguarda gli aspetti lavorativi e ambientali del commercio e dello sviluppo sostenibili. Si prenderanno in considerazione misure per facilitare e promuovere lo scambio di merci rispettose dell’ambiente e a basse emissioni di carbonio, ecc.
Si assicura e si ribadisce che l’Europa intende salvaguardati i livelli più alti nelle legislazione degli stati e non il contrario. L’accordo deve riconoscere che le parti non promuoveranno gli scambi o gli investimenti diretti esteri rendendo meno severe la legislazione e le norme nazionali in materia di ambiente, lavoro, salute e sicurezza del lavoro .
Dopo l’ultima sessione di incontri, il 15 febbraio l’UE ha diffuso un ulteriore documento sul mandato negoziale che dovrebbe informare e rassicurare l’opinione pubblica circa lo stato delle trattative.Nel documento infatti si ribadisce l’ autonomia dei partners circa le normative di sicurezza alimentare (TTIP AND REGULATION: AN OVERVIEW , The European Commission,10 February, 2015 )
Ci sono molti settori in cui EU e Usa prevedono un alto livello di protezione… In altri settori l’UE e gli Stati Uniti hanno diversi approcci alla regolamentazione, che implicano diversi livelli di protezione. Ad esempio, l’UE ha una legislazione molto dettagliata che stabilisce quando e come prodotti geneticamente modificati possono essere prodotti o venduti nell’UE. Le nostre regole non consentono di importare e coltivare alcuni prodotti: si tratta di regole molto più severe di quelle analoghe degli USA . In un caso come questo, non è possibile rendere compatibili i sistemi, perché attraverso i nostri processi legislativi abbiamo preso decisioni democratiche diverse su quali norme siano giuste per le nostre società.
Il TTIP non farà nulla per modificare quelle leggi. Lo stesso vale per la carne agli ormoni. La legislazione UE stabilisce su questo delle prescrizioni, che non cambieranno a causa del TTIP.”
La regola varrà anche per il futuro:
Il TTIP non pregiudicherà il diritto di una Parte di fare nuove normative. … Il testo del TTIP riaffermerà esplicitamente il diritto sovrano di adottare nuove norme … per quanto riguarda ambiente, salute, sicurezza, tutela dei consumatori e dei lavoratori e dei livelli economici.
C’è del resto anche la posizione di alcuni economisti che vedono nel trattato una possibilità di rilancio dell’economia Europea e considerano sopravvalutati i rischi, ad esempio Mario Deaglio :
Di certo la segretezza delle trattative è stata un grave errore, le obiezioni di base non sono affatto infondate e vanno affrontate apertamente. Per ora, però, il pericolo Ttip non sembra proprio esserci: un accordo internazionale non può annullare i regolamenti interni europei, quindi su ormoni e Ogm tutto resta come prima…In sostanza, in questo come in altri campi, l’Europa non può dire soltanto dei no… Senza un progetto economico-politico, la ripresa europea – quella vera – rimarrà una chimera e la stessa identità europea sarà a rischio.(Mario Deaglio, Dall’Europa troppe paure sul commercio, La Stampa, 4 febbraio 2015)
In conclusione: i documenti della Commissione europea indicano le direttive attraverso cui l’UE deve impegnarsi per realizzare il trattato. Al momento abbiamo troppo poche informazioni su quanto sia già stato eventualmente concordato, né, posto che i negoziati possano continuare, alcuna certezza sulle misure che si prenderanno alla fine.
Se si realizzeranno certe condizioni il TTIP potrebbe risultare un trattato utile alle imprese, se non altro a uniformare un mosaico di normative diverse, contrastanti, a volte non necessarie anche all’interno della stessa comunità europea. Ma a decidere se sarà vantaggioso anche per i cittadini sarà la capacità e la volontà politica dell’Unione Europea di tenere fede agli impegni, di agire in modo coeso, efficace e soprattutto attento al benessere e alla salute dei consumatori più che agli aspetti economici e finanziari del mercato.
Per maggiori informazioni:
- http://www.europarl.europa.eu/aboutparliament/it/displayFtu.html?ftuId=FTU_6.6.1.html
- Mario Deaglio, Dall’Europa troppe paure sul commercio, La Stampa, 4 febbraio 2015
- Che cos’è il TTPI, http://www.ilpost.it/2014/11/06/tt·
- Si chiama Ttip il sogno americano delle imprese, http://www.repubblica.it/economia/affari-e-finanza/2014/12/15/news/si_chiama_ttip_il_sogno_americano_delle_imprese-102918458/
· Now online – EU negotiating texts in TTIP, http://ec.europa.eu/trade/policy/in-focus/ttip/index_it.htm
· Si chiama Ttip il sogno americano delle imprese, http://www.repubblica.it/economia/affari-e-finanza/2014/12/15/news/si_chiama_ttip_il_sogno_americano_delle_imprese-102918458/
· Now online – EU negotiating texts in TTIP, http://ec.europa.eu/trade/policy/in-focus/ttip/index_it.htm
· Scontro tra Usa e Ue sul libero scambio del TTIP: i produttori ed esportatori di formaggi statunitensi contro le indicazioni geografiche protette europee, Beniamino Bonardi, Il Fatto Alimentare, 27 febbraio 2015 http://www.ilfattoalimentare.it/formaggi-statunitensi-ttip-usa-eu.html
- http://it.wikipedia.org/wiki/Trattato_transatlantico_sul_commercio_e_gli_investimenti
- http://www.corriere.it/inchieste/reportime/economia/trattato-segreto-che-ci-cambiera-vita/0883150a-5565-11e4-af0d-1d33fddfa710.shtml
- http://www.isbineurope.eu/it/news/ttip-viii-round-negoziati-tra-il-2-e-il-6-febbraio
- http://www.bfna.org/sites/default/files/publications/BBrief%20TTIP%20Summary%20Round%207%20%2828%20Oct%202014%29.pdf
- http://www.dariotamburrano.it/conosciamo-il-ttip-grazie-ai-leak-lue-pubblica-un-testo-segreto-che-era-gia-trapelato/
- Paolo Ferrero, http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/07/19/grande-truffa-della-nato-economica-ttip/660768/
- Documenti della Commissione europea
http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2015/february/tradoc_153121.1.2%20TTIP%20and%20regulation%20overview.pdf
Scambi UE-USA 2009-2012 (miliardi di euro)
Anno | Importazioni di merci nell’UE dagli USA | Esportazioni di merci dall’UE agli USA | Saldo UE (merci) | Importazioni di servizi nell’UE dagli USA | Esportazioni di servizi dall’UE agli USA | Saldo UE (servizi) |
2009 | 206,3 | 159,2 | – 47,1 | 123,9 | 119,1 | – 4,8 |
2010 | 170,4 | 242,3 | + 71,9 | 130,5 | 127,1 | – 3,4 |
2011 | 184,2 | 260,6 | + 76,3 | 138,4 | 143,9 | + 5,5 |
2012 | 205,8 | 292,2 | + 87,0 | 145,6 | 156,8 | 11,2 |
Fonte: Commissione europea, DG Commercio
Una grande quantità di imprese UE e USA operano (cito) “nei reciproci territori danno lavoro a oltre 14 milioni di persone.” Anche per questo un modo di risolvere le questioni legali sarebbe quello di uniformare le normative.
Anno | Stock investimenti esteri diretti (IED) USA nell’UE | Stock investimenti esteri diretti (IED) UE negli USA | Saldo |
2011 | 1 344,3 | 1 421,3 | 77,0 |
Fonte: Commissione europea, DG Commercio